Musicoriale

In nome della Cultura

 

Cento anni fa il Novecento cominciava a far sentire i primi vagiti al mondo intero.
Faceva il suo ingresso tra gli uomini che avevano fatto grande l’Ottocento e, subito, sembrava volesse assicurare che anche lui non sarebbe stato da meno. I suoi contemporanei conobbero il motore a scoppio e i primi brevetti automobilistici. Era il 14 gennaio del 1900 quando Giacomo Puccini, erede del grande Verdi, rappresentò per la prima volta la sua “Tosca”, mentre Gabriele D’annunzio scriveva il dramma “La figlia di Iorio.
La vita ferveva, le correnti e le mode culturali si accavallavano. L’Italia era una fucina d’attori, drammaturghi e musicisti che grazie alla loro popolarità rappresentavano l’intera nazione.
Anche la Sardegna si avviava a vivere quel secolo straordinario. Nel primo Novecento Efisio Vincenzo Melis scriveva la commedia “Ziu Paddori” e, con Rachele Piras, la rappresentava a Cagliari nel prestigioso teatro “Regina Margherita”.
In campo musicale, Lao Silesu, Luigi Rachel ed Ennio Porrino poi, trascrivevano per l’orchestra classica le prime melodie tradizionali e d’ispirazione popolare (Ballo sardo, Attittidu, Disispirada).
La Sardegna poteva finalmente contare su opere che avrebbero dato voce alla sua cultura d’oltreregione, documentando uno spaccato di vita del novecento isolano accompagnato dalla sua originalissima colonna sonora.
Tutto questo metteva in primo piano il proverbiale orgoglio dei sardi, il rispetto per le proprie origini e la tenacia alimentata dalla necessità che quelle tradizioni diventassero cultura e quella cultura potesse legare con altra cultura.
Era evidente: gli artisti sardi volevano annullare “il mare” dell’isolamento e misurare il vero valore del loro patrimonio artistico.
Questi movimenti culturali culminavano con le imponenti stagioni liriche Cagliaritane, frequentate dai nomi più prestigiosi del periodo, uno su tutti, Enrico Caruso. Il pubblico Cagliaritano era il più temuto: rappresentava un vero banco di prova anche per i più “grandi”.

Ormai da qualche anno il Duemila comincia a far sentire isuoi vagiti nello spazio infinito.
Ha fatto il suo ingresso tra gli uomini che hanno fatto grande il Novecento, e sembra auspicarsi che questi continuino ad intessere le trame di un ricco tessuto culturale.
E’ indispensabile che tutti guardino nella stessa direzione, adoperandosi affinché questo tessuto si allarghi sempre più e occupi tutti gli spazi atti ad accoglierlo. In nome di questa “benedetta” cultura, sarà bene coinvolgere i giovani verso prospettive sane e sempre più ambiziose: ogni scuola dovrebbe avere un coro, ogni città una banda musicale, un’orchestra da camera, magari d’ispirazione popolare, o una filodrammatica.
Immaginate una Sardegna ridondante di suoni e di versi, lontana da realtà spesso drammatiche e impopolari.
Che bellezza!

Giacomo Medas